venerdì 24 aprile 2015

Lingua Veneta

VIDEO en DIALETO VENETO:

ALFABETO della LINGUA VENETA

LA GRANDE STORIA DE VENETI (BREVE)
LE PROVINCE VENETE


 

Tratto da Wikipedia

Veneto (Vèneto)
Parlato inItalia Italia
Croazia Croazia
Slovenia Slovenia
Montenegro Montenegro
Brasile Brasile
Messico Messico
Romania Romania
RegioniVeneto Veneto
Trentino-Alto Adige Trentino-Alto Adige
(Trentino: valli orientali; Alto Adige: Piana di Bolzano)
Friuli-Venezia Giulia-Stemma.png Friuli-Venezia Giulia (provincia di Trieste, parte della provincia di PordenoneBisiacariaMarano eGrado)
Lazio Lazio (Agro Pontino)
Sardegna Sardegna (ArboreaTanca Marchese)
Zastava Istarske županije.svg Istria
Primorje-Gorski Kotar County coat of arms.png Regione litoraneo-montana
Zadar County coat of arms.png Regione zaratina (Zara)
HRV Split-Dalmatia County COA.svg Regione spalatino-dalmata
Šibenik County coat of arms.png Regione di Sebenico e Tenin
Dubrovacko-neretvanska.png Regione raguseo-narentana
Litorale-Carso (CapodistriaPirano,Isola)
Bandeira do estado de São Paulo.svg San Paolo
Bandeira do Paraná.svg Paraná
Bandeira de Santa Catarina.svg Santa Catarina
Bandeira do Rio Grande do Sul.svg Rio Grande do Sul
Coat of arms of Puebla.svg Chipilo (Messico)
ROU TL Tulcea CoA.png Tulcea
Persone3 800 000 ca. in Italia nel 2002[1]Oltre 6 milioni nel mondo[2]
TipoSVOflessivaaccusativa
FilogenesiLingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Veneto
Codici di classificazione
ISO 639-2roa
ISO 639-3vec  (EN)
SILVEC  (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, art. 1
"Tuti i èsari umani i nase łìbari e conpagni in dignità e diriti. I xe dotai de raxon e de cosiensa e i ga da agir i uni co queł'altri inte'n spìrito de fradełansa."

Famiglie dialettali in Italia
Il veneto è una lingua romanza[3] (di fatto, un continuum dialettale non unificato) usata da alcuni milioni di parlanti inItalia e diversi altri Paesi.
Circa la metà dei parlanti si trova in Italia, nella terraferma di quella che fu la Repubblica di Venezia, principalmente nella regione del Veneto, ma anche nel Trentino e nel Friuli-Venezia GiuliaUna comunità emigrata continua a parlare dialetti veneti nell'Agro Pontino. La metà rimanente dei parlanti si trova all'estero, principalmente in Istria, con comunità minori in DalmaziaRomaniaSlovenia e Montenegro.[4] In località di emigrazione, come il Messico o gli Stati di Rio Grande do SulSanta CatarinaParaná e Espírito Santo (in Brasile), forse 5 milioni di persone parlano ancora una koinè basata sulle antiche varianti vicentina e trevigiana.[senza fonte]
Il veneto è tutelato come "lingua" dalla Regione Veneto (che ne afferma il carattere composito, non essendo ancora stata standardizzata la sua grammatica né il lessico in modo unitario),[5] ed è tutelata dalla Regione Friuli Venezia Giulia con la Legge regionale 5/2010[6], ma non dallo Stato italiano, che non la annovera tra le minoranze linguistiche.
L'UNESCO classifica la lingua veneta come "vulnerabile".[7] La lingua veneta potrebbe essere ritenuta una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per "lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue ... che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato".[8]

Storia

Exquisite-kfind.pngLo stesso argomento in dettaglio: Letteratura in lingua veneta.
L'attuale lingua veneta deriva dal latino volgare parlato dagli antichi Veneti romanizzati a partire dalla fine del III secolo a.C. Non ha quindi a che vedere con la lingua venetica parlata in origine dagli stessi e successivamente abbandonata dopo un periodo di bilinguismo[9].
Testi in volgare che presentano chiare affinità con il veneto sono rintracciabili già a partire dal XIII secolo, quando in ambito italico non esisteva ancora un'egemonia linguistica del toscano.
Il veneto, in particolare nella sua variante veneziana, ha goduto di ampia diffusione internazionale grazie ai commerci della Repubblica Veneta, soprattutto nel Rinascimento, diventando per un certo periodo una dellelingue franche di buona parte del Mar Mediterraneo, soprattutto in ambito commerciale. Tuttora molte parole del gergo marinaro sono di origini venete.
Il veneto tuttavia non si impose come lingua letteraria in quanto, già nel XIII secolo, doveva confrontarsi con esponenti letterari di grosso rilievo sia di origine toscana che di origine provenzale. A riprova di ciò è il fatto che Marco Polo dettò a Rustichello da Pisa il Milione scegliendo la lingua d'oïl, allora diffusa nelle corti quanto il latino. Le opere in veneto più significative furono scritte da autori quali il Ruzante (Angelo Beolco) nel XVI secoloGiacomo Casanova e Carlo Goldoni; in quest'ultimo caso l'uso del veneto era limitato a buona parte delle commedie teatrali, soprattutto per rappresentare il popolo e la borghesia.
La diffusione di questo idioma al di fuori dell'area storica dei veneti si ebbe con il progressivo sviluppo dellaRepubblica Veneziana, che lo utilizzava come lingua ordinaria assieme al latino e al toscano.
Con l'invasione napoleonica e la conseguente caduta della Repubblica nel 1797, il veneto progressivamente venne sostituito da altre lingue per gli atti ufficiali e amministrativi. Il suo uso tuttavia perse progressivamente, almeno in parte, i registri letterari e aulici restando sempre come lingua storica e naturale del popolo, riuscendo comunque a raggiungere vette liriche mirabili con poeti come Biagio Marin di Grado. Bisogna anche ricordare il poeta triestino Virgilio Giotti, che poetava in triestino e ordinariamente scriveva in italiano. Inoltre bisogna ricordare Nereo Zeper che ha tradotto l'Inferno di Dante Alighieri in dialetto triestino (variante del veneziano). Si ricorda, tra l'altro, l'Iliade di Omero tradotta in veneto da Francesco Boaretti e in veneziano daGiacomo Casanova; nonché l'opera in veneto padovano intitolata Dialogo de Cecco da Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la stella Nova che tratta delle nuove teorie galileiane sul sistema solare, che taluni attribuirebbero a Geronimo Spinelli, forse con la supervisione scientifica di Galileo Galilei.[10] Altri letterati del Novecento che hanno utilizzato il veneto nelle loro opere sono i poeti Giacomo Noventa e Andrea Zanzotto come anche Attilio Carminati ed Eugenio Tomiolo. Si segnalano negli ultimi decenni - per la qualità della loro ricerca anche Sandro Zanotto, Luigi Bressan, GianMario Villalta, Ivan Crico. Notevoli inserti in veneto sono presenti anche nelle opere dello scrittore Luigi Meneghello.
Il progetto concepito da Giuseppe Lombardo Radice di sviluppare ed impiegare testi scolastici in lingua nell'ambito veneto (come in altri contesti regionali), non ebbe completa attuazione poiché coincise con il periodo fascista, il cui regime era notoriamente impegnato, nella sua opera di forte centralizzazione dello Stato, a promuovere l'apprendimento della lingua italiana in un disegno complessivamente repressivo delle culture delle diverse regioni.
In anni recenti numerosi cantanti e gruppi musicali hanno adottato la lingua veneta per la loro produzione artistica: negli anni sessanta hanno raggiunto una buon successo Gualtiero Bertelli e il suo gruppo Canzoniere Popolare Veneto. Negli anni novanta si sono distinti i Pitura Freska, guidati da Sir Oliver Skardy, che hanno partecipato anche al Festival di Sanremo con la canzone Papa nero, scritta in dialetto veneziano. Più di recente hanno ottenuto una certa notorietà artisti come ilrapper Herman Medrano, i Catarrhal Noise, i Rumatera e i Los Massadores.
Con la legge regionale n. 8 del 13 aprile 2007[11] "Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto", che si richiama ai principi della Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie, pur non riconoscendo alcuna ufficialità giuridica all'impiego del veneto, la lingua veneta diviene oggetto di tutela e valorizzazione, quale componente essenziale dell'identità culturale, sociale, storica e civile del Veneto. Una cosa simile viene portata avanti dal 2009 in Brasile nello stato di Rio Grande do Sul, dove la variante veneta talian viene considerata patrimonio immateriale dello stato.[12]
Sin dal 1981 la regione Friuli Venezia Giulia al primo comma dell'articolo 25 della legge regionale 68/1981(Interventi regionali per lo sviluppo e la diffusione delle attività culturali) riconosceva, accanto alla lingua italiana, « le culture locali di origine slovena, tedesca e veneta».
Il veneto è stato in seguito più ampiamente tutelato nella Regione Friuli Venezia Giulia con la L.R. 5/2010, nelle seguenti espressioni (art.1) : il triestino, il bisiaco, il gradese, il maranese, il muggesano, il liventino, il veneto dell'Istria e della Dalmazia, nonché il veneto goriziano, pordenonese e udinese. Le attività di valorizzazione previste dalla legge sono dirette (art.1 comma 2) a conservare la ricchezza culturale presente nel territorio regionale e nelle comunità dei corregionali all'estero, e renderla fruibile anche alle future generazioni, sviluppando l'identità culturale e favorendo l'utilizzo del veneto nella vita sociale. La Regione FVG promuove lo sviluppo di progetti e incontri tra le comunità venetofone del Friuli Venezia Giulia e tra queste e quelle dei corregionali all'estero (art.3), nonché tra le comunità venetofone presenti in Italia e con quelle venetofone di Slovenia e Croazia, nonché con le comunità di lingua ladina friulana, slovena e tedesca nel Friuli Venezia Giulia, al fine di approfondire la reciproca conoscenza. Nel settore della comunicazione, la Regione FVG promuove la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in veneto realizzate da emittenti pubbliche e private e sostiene la redazione e la stampa di giornali e periodici (art.6) e sostiene gli enti locali e i soggetti pubblici e privati che operano nei settori della cultura, dello sport, dell'economia e del sociale per l'utilizzo di cartellonistica, anche stradale, in veneto.
(LA)
« [Venetus est] pulcherrimus et doctissimus omnium sermo, in quo redolet tota linguae Grecae maiestas! »
(IT)
« [Il veneto è] la lingua più bella e più dotta di tutte, nella quale esala tutta la grandezza della lingua greca! »
(Pontico Virunio, umanista ed erudito bellunese (ca. 1460-1520)[13])

Distribuzione geografica

Pur rappresentando l'idioma tipico dell'omonima regione, i confini linguistici del veneto non corrispondono a quelli amministrativi.
Nella provincia di Belluno centrale - Agordino e Zoldano - si parla una forma di veneto-ladino che diventa decisamente ladino spostandosi verso nord - AltoCordevole e Cadore. Nel basso Polesine (la cosiddetta Transpadana Ferrarese) si notano profondi influssi emiliani, mentre tratti lombardi sono presenti nelle parlate della riva veronese del Garda. Nel Veneto Orientale, invece, forte è l'apporto del friulano.
Vanno inoltre citate alcune piccole isole linguistiche germanofone distribuite lungo la fascia prealpina e alpina: si tratta dei villaggi Cimbri della Lessinia e dei Sette Comuni (lingua cimbra) e di Sappada (dialetto carinziano).
D'altra parte, il veneto viene diffusamente parlato anche al di fuori dei confini regionali.
In Trentino sono aree tipicamente venetofone il Primiero (tipo feltrino), la Valsugana (tipo vicentino) e la Vallagarina (tipo veronese); anche la zona centrale della provincia, comprendente il capoluogo, ha fortemente venetizzato l'originale parlata locale.
In Friuli-Venezia Giulia sono presenti diverse varianti, per lo più coloniali, del veneto.
Alle parlate venete autoctone delle zone costiere, che costituivano il Dogado veneziano (Marano LagunareGrado) e quindi erano direttamente amministrate dalla città di Venezia (ancora oggi conservano la -g veneziana contro la -j del resto del Veneto, come in famé(g)ia, mè(g)io, ò(g)io ), con il tempo si sono aggiunte altre vaste zone in cui gli autoctoni idiomi locali (di base friulana) sono stati sostituiti dal veneto. Il veneto, nei secoli si è quindi diffuso dapprima a Monfalcone e la destraIsonzo (Bisiacaria), poi a Muggia e Trieste, nella città di Pordenone e nella parte più occidentale sua provincia (variante liventina, affine al trevigiano) e, in tempi più recenti col dialetto triestino, anche a Gorizia città. I residenti pur parlando il friulano comunque intendono anche il veneto.[senza fonte]
Sempre legati all'influenza veneziana sono i dialetti veneti parlati in Istria e Dalmazia, la cui estensione è drasticamente diminuita in seguito all'esodo istriano-dalmatadel secondo dopoguerra, ma che in varie zone è ancora compreso e parlato, anche (come seconda lingua) da persone di madrelingua croata. Si possono poi individuare tracce del veneto sino in Grecia, in quelle che in passato furono colonie veneziane.
Da ricordare, infine, i milioni di venetofoni sparsi in altre regioni italiane o all'estero in seguito all'emigrazione. Importanti comunità si trovano in vari Stati europei, inAmerica (in particolare centro-meridionale) e in Australia[14].

Vitalità e tutela

Nonostante la pressione dell'italiano, il veneto resta tuttora una delle lingue regionali più conosciute e utilizzate nella Penisola. Secondo un'indagine condotta nel2007 dall'ISTAT in Veneto, quasi il 70% degli interpellati dichiarava di parlare, oltre all'italiano, anche il veneto e il 15% di usarlo anche nei rapporti con estranei[14].
Questo fenomeno trova diverse giustificazioni. Primo fra tutti, la vicinanza strutturale del veneto all'italiano non ne rende eccessivamente difficoltosa la comprensione da parte dei non venetofoni; secondo, la prevalenza dei piccoli e medi centri abitati, che ha contribuito a mantenere le tradizioni locali; terzo, il fatto che dal Veneto si sia sviluppata una forte emigrazione, e non un'immigrazione, lasciando alla lingua locale un ruolo vitale[15]; non ultimo, l'utilizzo nei secoli di questa lingua anche in situazioni relativamente formali, come osservato sin dai tempi della Serenissima[14].
La lingua viene tutelata dalla Regione Veneto con la legge regionale 13 aprile 2007, n. 8 "Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto"[16] e dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale 17 febbraio 2010, n. 5 "Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia Giulia"[17].

Varianti

I pareri dei singoli linguisti nel delineare con precisione le diverse varianti del veneto divergono notevolmente.
Una delle classificazioni distingue le seguenti varianti[18]:
Un'altra, d'altra parte, ricorda[20][21]:
Una terza interpretazione individua invece[21]:
Queste varianti condividono buona parte delle strutture morfo-sintattiche e del lessico, ma quello che più conta per i linguisti è la capacità dei parlanti di comprendersi (ovviamente in percentuale variabile a seconda della vicinanza geografica).
Ancora discussa è invece la classificazione dei dialetti dell'alto e medio Bellunese. Indubbiamente le parlate cadorine sono da far rientrare nell'area ladina, ma più incerta è la definizione degli idiomi agordini e zoldani, con base ladina ma influenzati anche dal feltrino-bellunese; tuttavia, le varianti ladine dell'alto Cordevole (da Cencenighe circa in su), possono definirsi pienamente ladine, poiché di tipo atesino (per le zone oltre il comune di Rocca Pietore compreso), e di categoria veneto-atesina per le aree attorno a Cencenighe. Da sottolineare, comunque, la legge 482/1999 che riconosce tutti i comuni da Gosaldo compreso in su come ladini a tutti gli effetti.
Da notare inoltre un fenomeno tuttora in atto, e cioè che il veneto tende a predominare sulle parlate alloglotte con cui viene in contatto, soppiantandole. Emblematici, in questo senso, sono i casi, tra gli altri, dell'antico tergestino e del cimbro.[non chiaro]
Va detto che l'influenza dell'italiano negli ultimi decenni ha portato alla confusione sul "parlare correttamento veneto" cosicché molti parlanti, si esprimono in un idioma misto basato sulla sintassi e la terminologia italiana semplicemente adattate "alla veneta" (a differenza delle varianti della lingua veneta che si distinguono concretamente dall'italiano sia nei vocaboli che nella struttura grammaticale e nella sintassi).
Questo idioma, in altre parole, non è una variante del veneto ma una variante superficialmente venetizzata dell'italiano: è un dialetto (veneto) dell'italiano.[senza fonte].
Ad esempio:
  • varianti d. lingua veneta: el xe drio rivar (dove la x viene pronunciata quasi come una z dell'alfabeto fonetico), iù xe drio rivare ,l'è drio rivar (cioè "èser drio" + infinito) l'è invià rivar.
  • Italiano: sta arrivando
  • varianti d. lingua veneta: i ve dixe, i ne dixe (regolare: "a noaltri → ne" è proprio come "a voaltri → ve" )
  • Italiano: vi dicono, ci dicono (irregolare: "voi → vi" però "noi ↔ ci" !)
  • varianti d. lingua veneta: Marco el parla ben ; Mé nono 'l vien casa dimàn (con "el")
  • Italiano: Marco parla bene ; Mio nonno viene a casa domani
  • varianti d. lingua veneta: Mé mama ła ga dito... ; I toxi/ragassi/fioi/putei/bocia/toxati i xe/l'è partìi... (con "ła, i")
  • Italiano: La mia mamma ha detto... ; I ragazzi sono partiti
Esempi: verbo èssar/esser(e) ‘essere’: mi (a) son; ti te si = ti t'ie; iu/lu (‘lui’) o ea/ela (‘lei’) xe/l'ènoijaltri simo/semo; voijaltri sii; iori/luri son = i xe
verbo gavèr/(g)avere ‘avere’: mi (a) go; ti te ghe/ga; iu/lu (‘lui’) o ea/ela (‘lei’) ga; noijaltri gavìmo/ghemo/gavémo; voijaltri gavì; iori/łuri i ga
verbo catar(e) ‘trovare’: mi (a) cato; ti te cati; iu/lu (‘lui’) o ea/ela (‘lei’) cata; noijaltri catimo/catémo; voijaltri caté; iori/łuri i cata, iore/łore łe cata (fem.)
N.B.: molti verbi hanno un'estensione diversa in italiano rispetta alla lingua veneta: per esempio catar(e) viene usato per frasi come "ho trovato la penna che avevo perso" ("go catà ła pena che gavevo perduo") ma non in "trovo che questa ragazza sia bella" ("sta fioła/toxa/putèła xe/l'è beła" o al limite "sta fioła/toxa/putèła a me par beła).

L'emigrazione

Un certo impulso è stato dato dalla massiccia emigrazione avvenuta a cavallo fra il 1870 e il 1905 in conseguenza delle colonizzazioni Francese, Austriaca e Piemontese, cosicché consistenti popolazioni venete sono presenti in Brasile (negli stati di Espírito Santo[22]Santa CatarinaParanáSan Paolo, e di Rio Grande do Sul)[23], nel nord della Romania (Tulcea), in Messico (nella località di Chipilo), ma anche in diverse aree rurali italiane fatte oggetto di immigrazione organizzata dalfascismo con il fine di colonizzare e popolare i territori in questione, oggetto di bonifica: la Maremma Grossetana (Toscana), l'Agro Pontino (Lazio), le Valli del Comasco, la Bonifica di Arborea (Sardegna). Inoltre a Fertilia (Alghero) nata sotto il fascismo per dare lavoro ad un certo numero di famiglie ferraresi, conobbe l'arrivo successivo di esuli istriani e dalmati nel secondo dopoguerra, che andarono a costituire la maggioranza della borgata. Comunità di origine veneta consistenti sono presenti anche nelle aree urbane dell'Alto Adige/Südtirol, dove costituiscono la maggioranza della popolazione appartenente al gruppo etnico italiano. La lingua italiana standard parlata a Bolzano è comunque molto influenzata da un forte substrato veneto.[24]
Queste popolazioni hanno conservato la loro parlata veneta, più che l'italiano, in quanto provenivano in gran parte da estrazione borghese o contadina e le generazioni successive, nate da queste onde migratorie, hanno mantenuto i caratteri arcaici della lingua, sebbene lontani dal Veneto: nel Rio Grande do Sul, ad esempio, l'idioma veneto viene insegnato dai genitori ai figli, e viene utilizzato anche da persone di altra origine, tanto che il primo dizionario di talian (o vêneto brasileiro) fu compilato da Alberto Vitor Stawinski, un polacco nato nel 1909 a São Marcos dos Polacos, assimilatosi alla comunità locale prevalentemente di provenienza veneta.
Tra le varianti fuori dal Veneto queste sono le principali:
  • il veneto istriano e i dialetti triestino e goriziano, per lessico molto simili al veneziano di città, ma con ulteriori influenze di vocaboli alloglotti, specialmente sloveni e croati e, in misura minore, greci.
  • il talian o vêneto brasileiro
  • il chipileño, parlato a Chipilo, in Messico
  • il veneto-romeno[25] che si parla nella attuale regione della Tulcea, antico possedimento di Genova sul Mar Nero
  • il veneto-pontino è un gruppo di parlate fortemente influenzate dal romanesco, e in parte anche dai dialetti lepini e dall'emiliano, su base perlopiù veneta-trevisana, in trasformazione e comunque in forte regresso
Questa antichità e "permanenza" del veneto, con le modificazioni e contaminazioni che ogni lingua conosce, è misurata dai dati statistici ufficiali (ISTAT e istituto POSTER). Secondo alcuni, queste stime tendono a ridurre il fenomeno essendo assente una promozione culturale e politica di mantenimento e protezione da parte degli stati che hanno questi territori.
Il risultato di questa diaspora dei parlanti (locutori) veneti è che oggi si possono contare più parlanti veneti fuori dal Veneto che non in esso. Un grande lavoro di ricerca e ricostruzione filologica dell'idioma veneto utilizzato alla fine dell'Ottocento è stato effettuato dai ricercatori Secco e Fornasier, componenti del duo Belumat i quali hanno raffrontato la lingua parlata dai bellunesi emigrati in Brasile, Messico e presenti in una minoranza etnica in Slovenia.

Stato attuale


Cartello affisso all'interno dell'area riservata al personale di un centro commerciale di San Giovanni Lupatoto. Significa "Premi il pulsante"
Attualmente si contano centinaia di pubblicazioni editoriali scritte in veneto e pubblicate anche da diverse amministrazioni comunali del Veneto.
Lo status è molto dibattuto: l'UNESCO la riconosce tra le lingue e la inserisce nel suo Red Book of Endangered Languages, ma sia l'Unione europea[26] che l'Italia non sono dello stesso parere, sebbene sia considerato lingua minoritaria meritevole di tutela dal Consiglio d'Europa.
La Regione del Veneto, dal 2005 ha ricevuto proposta di elaborazione di una legislazione tesa a tutelare questa parlata e a riconoscerla, e alcuni sforzi sono stati fatti da partiti regionali al fine di includerla nella legge 15 dicembre 1999, n. 482 sulla "Tutela delle minoranze linguistiche".
Esistono tuttavia numerose dispute sull'argomento "lingua o dialetto", dove i sostenitori dello status di "lingua minoritaria" pongono in evidenza in particolare l'importanza storica di questo idioma, tanto in ambito culturale (dove il veneto può vantare una discreta produzione letteraria, soprattutto in passato) che politico (da ricordare che il volgare veneto, in particolare la variante veneziana, è stato impiegato negli atti ufficiali della Repubblica di Venezia, oltre al latino e poi all'italiano-fiorentino, pur potendo ogni provincia usare la propria variante), insistendo inoltre sulla constatazione del radicamento geografico particolarmente netto di questo idioma.
È interessante notare che il lettore veneto contemporaneo riesce ancora oggi a capire il contenuto di testi scritti anche nel XIII secolo, dimostrando una resistenza dell'idioma veneto sconosciuta ad altre lingue.
La Regione Veneto ha infine deciso con la legge regionale n. 8 del 13-4-2007 di definire il veneto e le parlate storiche delle terre venete senza ombra di dubbio come "lingua" e non dialetto, attivandosi nella sua salvaguardia e stanziando fondi per la sua tutela.
Questo riconoscimento è stato accolto con favore da professori di diverse università del mondo, tra le quali:[27]

Caratteristiche linguistiche

Il veneto possiede alcune strutture morfo-sintattiche proprie. Fra le tante citiamo per esempio il pronome clitico obbligatorio davanti ai verbi nella seconda persona singolare e nella terza sing/plur: «Giorgio el vien» , «I veci i parla/discòre» , «ti te parli/discòre/parla» o «ti ti/tu discòre/parla»
Tali pronomi, quando presenti, hanno carattere distintivo: sono cioè essi a stabilire il senso della frase e non sono le desinenze finali del verbo: «el sente ↔ i sente» (=sente/sentono) oppure «te parlavi ↔ parlavi» (=parlavi/parlavate). Ciò permette addirittura di eliminare, in certi casi e in certe varianti, le vocali finali del verbo senza pregiudicare la correttezza della frase «el sent, i sent» o permette quantomeno di scambiarle «te parlavi = te parlava»
Anche buona parte del lessico è comune, e le variazioni sono spesso limitate alla pronuncia: per esempio «gato/gat», «saco/sac» , «fero/fer», «magnar/magnare», «vardar/vardare», «la scala /'a scàea» , «sorela/sorèa» (spesso unificate con la L-tagliata (Ł, ł) "ła scała" , "soreła")... E ancora «nasion/nazion/nathion» , «verxo/verzo/verdho» o in fine «vérdi / virdi» , «dotóri / duturi».
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Pronuncia di zizola in dialetto veneto
Queste ultime due forme dette metafonetiche sono tipiche del veneto centrale oltre che del gradese, resi celebri da autori come Ruzante e Biagio Marin: molti le ritengono già morte o comunque secondarie in quanto troppo difformi dall'italiano standard (che ha "verdi" e "dottori") ma in realtà esse sono ancora correntemente usate. Si trovano comunque anche in altre varianti venete, sebbene in misura minore.
Tutte le varianti sono state usate da poeti veneti (fra cui Ruzante, Goldoni, Zanzotto, Barbarani, Marin) ma alcune di esse sono state portate anche all'estero, per esempio la variante nord-trevigiana di Segusino è tuttora parlata in Messico a Chipilo con forti influenze spagnole, mentre un misto di vicentino e bellunese è parlato in Brasile anche se ha ricevuto influenze portoghesi e di altre lingue del Nord-Italia.
La variante veneziana vèneto de mar, era la lingua ufficiale del governo della Serenìsima Repùblica e poi della Marina austriaca, che aveva base in Venezia ed equipaggi perlopiù istriani e dalmati.
Ovviamente ci sono delle parole molto diverse da zona a zona come «fogołar/larìn» , «ceo/cenin/picenin/bòcia» , «el xe / l'è» , «ła xe / l'è», «el ga / l'à» , «ła ga / l'à» , «i gavéa / i avéa/i véa», «magnémo/magnòn/magnén». Ogni lingua ha di questi fenomeni, per esempio nella denominazioni delle verdure e degli attrezzi, fenomeni dovuti alla chiusura di certi mondi contadini. I parlanti comunque, nella conversazione con interlocutori provenienti da zone distanti, tendono in genere ad avvicinare il lessico e la grammatica usati al tipo veneziano, rendendo la comunicazione verbale scorrevole e perfettamente intellegibile.
Anche la sintassi presenta qualche piccola variazione che non pregiudica la comunicazione fra parlanti di vari ceppi: in alcune zone, ad esempio nella parte orientale della Marca Trevigiana fino al confine con il Friùli, gli interrogativi restano in fine di frase «Fatu che? Sìtu chi? Vatu 'ndove? Magnène cossa?» e anche nel Bellunese sono finali «Vatu onde? Magnone che?» mentre in altre varianti essi risalgono in prima posizione « 'Sa fèto/Cossa fatu? Chi/Ci sìto? 'Ndo vètu/'Ndove vatu?». In queste ultime zone l'interrogativo finale esiste ma solo come forma rinforzata. Si oppongono, quindi, la fusione nelle frasi interrogative della forma verbale con quella pronomica, ad esempio tipiche espressioni di Treviso quelle come « Ditu? Situ 'ndà? Gatu visto/magnà?» o del veneto centrale «Dìxito? Sito 'ndà? Ghèto visto/magnà?», e la forma dissociata «Te disi? 'Te si 'ndà? Te ga / Gatu visto? Te gà magnà / Gatu magna?». Esistono poi anche forme doppie con enfasiparticolare « 'Sa vèto indove!? 'Sa fèto cósa!? 'Sa màgnitu che? Ci èlo ci??». Nel dialetto veneto la terza persona singolare e la terza persona plurale hanno sempre la stessa desinenza: El va/I va (va/vanno), El'ndava/I'ndava, El andarà/ I andarà (andrà/andranno).
La fusione nelle frasi interrogative della forma verbale con quella pronomica nella 2 persona singolare è, peraltro, caratteristica generale del veneto: «Dìtu par davero? Sìtu 'ndà? Atu/Gatu/Ghètu/Ghèto/Eto visto? Pàrli(s)tu?/Pàrlito?» nella 3 persona sing./plur/masch/femm.: «Pàrleło? (m.sing) Pàrleła? (f.sing) Pàrlełi?(m.plur) Pàrlełe? (f.plur)» e nella 2 persona plurale:«Parlèo/Parlèu?Gavìo/Gavéu?» ma, come accennato, è andata parzialmente in desuetudine specie nel veneziano e nel veneto delle città dove prevale la forma dissociata (che rispecchia l'italiano) « Te disi par davero? 'Te si 'ndà? Ti ga visto?». Le forme composte esistevano comunque nel veneziano antico (Gastu? Fastu? Vostu?) sono ben vive a Venezia, nel Chioggiotto e nel Caorlotto (Sistu? Vustu? Fastu? Gastu?) parlato a Caorle (VE).
Tipico del veneto è anche l'interrogativo-esclamativo sottinteso o vuoto usato retoricamente: «Vùto ndar?!» (ital.= DOVE vuoi andare!), «Vùtu far?!» (ital.= COSA vuoi farci!), «Sìto nà, vestiì cusì!» (ital.= ma DOVE sei andato, vestito a quel modo!)
Alcune varianti possiedono la particella enfatica A utilizzata per rafforzare i verbi o presentarli come novità: «A te sì bravo» (ital.= sei proprio/veramente bravo!), «A no te dormi mai» (ital.= ma non dormi proprio mai!), «A no l'è mai contento» (ital.= non è MAI contento!), «A so' rivà» (ital.= sono arrivato finalmente!), «A so' rivà ieri!» (ital.= sai? sono arrivato ieri!)
Alcune forme verbali venete sono riconducibili ai Phrasal verbs inglesi, nei quali al seguito del verbo viene inserita una preposizione in modo tale da modificarne il significato: es. Magnàr fora = (letteralmente "mangiare fuori") = sperperare; cavarse fòra =(lett. "togliersi fuori") = muoversi; Broar sù = (lett. "scottarsi sopra") = lavare le stoviglie. In altri casi invece l'uso delle preposizioni(specialmente il "fora " e il "do") è finalizzato al rafformamento dell'azione che il verbo esprime ad esempio: sentàrse do = Sedersi; sveiarse fora = svegliarsi; catàr fora = trovare; sbrigarse fora = muoversi; desfàr fora = distruggere;
Ricordiamo che il veneto è ancora capito e parlato fra alcuni discendenti di emigranti veneti a Latina nella Maremma e ad Arborea (Sardegna centro-occidentale). Infine, non dimentichiamo che alcune parole sono comuni solo ad altre lingue o dialetti minori dell'area romanza, come friulano(specialmente nelle varianti occidentali) e catalano «mé pare=gno pare=mon pare» (ital. padre; mio padre), «mé mare=me mari=ma mare» (ital. madre; mia madre), «masa=massa=massa» (ital. troppo), «neto=net=net» (ital. pulito; castigliano. limpio), al francese: «tamis(o)=tamis» (ital. setaccio), «articioco=artichaut» (ital. carciofo), «scarseła=escarcelle» (ital. tasca/borsa), al greco piron=pirune (italiano. forchetta), muci= zitto!.

Le mutazioni del suono /l/

La lingua veneta si caratterizza anche per la progressiva scomparsa, in alcune sue varietà, del suono /l/. Il fenomeno è più accentuato specialmente nelle varianti centro-meridionali, come il padovano-vicentino-polesano e il veneziano. Meno evidente, invece, nel trevisano, specie nelle varianti più settentrionali, e praticamente assente nel bellunese, nel triestino, nel pordenonese e nel veronese.
A /l/ viene sostituito un altro suono a seconda della posizione nella parola e alla vicinanza di una consonante, una vocale palatale o gutturale: diviene allora o un suono che si avvicina ad una /e/ molto breve ([e̯]), o una /j/, oppure è eliso completamente. In alcuni casi, dove è cioè impossibile scambiare il suono con una vocale, esso può essere sostituito da /r/
A tal proposito, il simbolo ł utilizzato da molte grafie ha il doppio vantaggio di permettere la lettura dei vocaboli secondo le diverse pronunce (con /l/ o senza).
Esempi:
GrafiaPronuncia con /l/Pronuncia senza /l/Traduzione
ła bała/la 'bala//e̯a 'bae̯a/la palla
łuxer/'luzer//'juzer/brillare
vołer/vo'ler//vo'er/volere
saltar/sal'tar//sar'tar/saltare

Grafia

Come molte lingue non normalizzate, il veneto non ha ancora una grafia standard ufficiale. Ha però una normativa storica (Grafia Veneta Classica), che è stata utilizzata, pur con qualche variante, per i testi letterari in dialetto veneziano ed in buona misura, in pavano. Questa grafia è stata fissata da Giuseppe Boerio nel suo celebre Dizionario del dialetto veneziano (prima edizione del 1829). Va notato che questa grafia è ancor oggi utilizzata nelle indicazioni toponomastiche tradizionali veneziane (i ninzioleti), come ad esempio "Gheto Vechio" o "Riva dei Schiavoni" (scritto così ma inteso come da pronunciarsi /sʧaˈvoni/). Le norme ortografiche fissate da Boerio sanciscono la predominanza della variante veneziana rispetto alle altre, e si caratterizzano per un maggior rispetto dell'etimologia in paragone alle proposte moderne. Di particolare interesse è l'utilizzo del gruppo "chi" per esprimere l'affricata postalveolare sorda ("C dolce" italiana, /ʧ/, di fatto la stessa convenzione utilizzata in spagnolo), per cui si scrive chiesa per /ˈʧeza/ e schiopo per /ˈsʧɔpo/, mentre nelle altre grafie si ricorre a cesa (o cexa) e s-ciopo. Un'altra caratteristica distintiva della grafia storica è la conservazione di una C etimologica davanti a E o I, per cui si scrive ciera (pronunciato /ˈsjera/, anticamente /ˈʦjera/) ocièvolo (/ˈsjɛvolo/). Questa soluzione ha indubbiamente il vantaggio di essere neutrale rispetto ai diversi esiti che la C latina seguita da E ed I ha avuto nelle parlate venete; così la parola scritta cena può essere letta /ˈsena/ a Venezia e nel Veneto centrale, /ˈθena/ nel Veneto settentrionale o /ˈʦɛna/ nell'alto Polesine e nel basso veronese, analogamente alle differenze di pronuncia che, per la stessa parola, si riscontrano in spagnolo fra castiglianiandalusi o latino-americani.
Oltre alla Grafia Veneta Classica, sono state fatte in epoca moderna altre proposte minoritarie, che rispondono ad usi regionali o perfino locali:
  1. la grafia di Dino Durante, tuttora usata in molte pubblicazioni come "Quatro Ciàcoe", basata su una maggiore somiglianza con l'ortografia italiana, con il difetto di indurre il lettore alla produzione di doppie lettere là dove non esistono, come nella coppia minima muso/musso, e di non rispettare la grafia tradizionale;
  2. la grafia storica riformata, proposta da Loris Palmerini, basata sullo studio dei documenti storici conservati negli Archivi di Stato, e sulla introduzione di soluzioni grafiche come la Ł tagliata o il carattere ç (c con cediglia), utilizzato secondo un criterio etimologico come in çenaçerveło (cui corrispondono gli italiani "cena", "cervello") ma non in forsasuca (italiano "forza", "zucca"), anche se le pronunce sono le medesime. Tale grafia è usata da molti scrittori e parzialmente dalla rivista "Raixe venete" (che però non segue l'uso etimologizzante della Ç);
  3. la grafía del Talian di ampia diffusione in Brasile, che usa una corrispondenza grafema/fonema vicina al portoghese, ma simile a quella di Durante (per esempio si scrive una doppia S per la fricativa alveolare sorda perché comunque il digramma SS è pronunciato scempio in portoghese; d'altro canto, si usa il grafema Z per la fricativa alveolare sonora, anziché X come in altre grafie, perché non c'è la necessità di distinguere l'alveolare dalla corrispondente dentalecome nel veneto chipileño del Messico o nei dialetti veneti settentrionali);
  4. la grafia del Manuale di Grafia Veneta Unitaria, stampato a cura della Regione Veneto, che «lascia aperte varie opzioni ortografiche»; essa tuttavia non ha trovato diffusione per la sua eccessiva frammentazione di grafemi che rende la lettura assai difficili persino ai parlanti madrelingua di fatto ne ha scoraggiato l'adozione;
  5. il cosiddetto "sistema Jegeye" proposto da Paolo Pegoraro e basato sul criterio "un simbolo, un suono", ovvero per ogni fonema si dovrebbe utilizzare un grafema differente (unica eccezione la L-tagliata che può essere letta in modi diversi); di fatto è una proposta che ha trovato scarsa diffusione;
  6. le Parlade Venete Unificae, originariamente proposte su siti internet indipendentisti ora spariti dal web, e basate sul criterio di "una forma per ogni gruppo di alternative" ovvero sulla scelta di unificare i fonemi con due o tre allofoni in una sola soluzione grafica (ad esempio la L tagliata) seguendo via via l'etimologia o il metodo della maggioranza, o a volte facendo compromessi a seconda delle possibilità a disposizione. È un tentativo di includere nell'unificazione anche le fricative dentali sorde e sonore (/θ/ e /ð/) presenti nel trevigiano-bellunese e le affricate /ʦ/ e /ʣ/ del polesano, che in altre varianti venete si sono ridotte a fricative (/s/ o /z/). Quando mettono per iscritto i propri dialetti, i bellunesi e i triestini sono portati a scrivere zità o zoca, i coneglianesizhaváte o forzha, mentre i veneziani sità, soca, saváte o forsa; nel dialetto polesano si distingue usualmente "zeri" (zeri) da "xeri" (eri), mentre in altri dialetti è tutto ridotto a un unico suono. Questo sistema ortografico è comunque utilizzato molto poco;
  7. il veneto-chipileño (parlato a Chipilo, in Messico) è stato messo per iscritto per molto tempo con grafia italianizzante, poco compresa dagli abitanti abituati a scrivere lo spagnolo. Da qualche tempo, ad opera soprattutto di Eduardo Montagner Anguiano, si è iniziato a stampare libri e giornali con una grafia basata sullo spagnolo latino-americano (que per /ke/gue per /ge/che per /ʧ/zh per /θ/ e /ð/x per /z/caxa de mati, ocaxion...; s semplice per /s/ sonora scempia:casa de vin, pasion, masa bon).
Esistono poi varie altre grafie, più o meno fondate sul modello dell'ortografia italiana, che esprimono alcuni fonemi in modo facile e intuitivo.

L'alfabeto

Come detto, non esiste un alfabeto veneto standardizzato; nella pratica sono più o meno utilizzate, a seconda delle abitudini dello scrivente, le seguenti 25 lettere:
La lettera K è talvolta utilizzata in sostituzione del digramma Ch, mentre W e Y si trovano solitamente solo in parole straniere.
L'unica consonante doppia è la Ss, comunque pronunciata come una singola S sorda e a volte sostituita anche nella scrittura da una S singola.
In qualche caso sono poi utilizzati i seguenti digrammi:
Sono inoltre usate le grafie S-c o S'c per indicare il suono di S sorda seguita da C dolce, evitando equivoci col suono /ʃ/ rappresentato in italiano dal digramma Sc.

Pronuncia

La lingua veneta ha molti suoni sconosciuti a quella italiana, allo stesso tempo non sono presenti alcuni di quelli ivi presenti come i suoni "gl" e "sc".
  • d: si pronuncia come l'italiano, ma nel Veneto settentrionale viene pronunciata come il suono "th" inglese in "then", o come la "d" spagnola.
  • j: in quasi tutto il Veneto viene pronunciata come "i" intervocalica, nel Veneto settentrionale diventa più forzata, come la "ll" nel francese "Bastille". Nelle varianti costiere viene pronunciata come la "g" di Giorgio.
  • ł: nelle varianti Feltrino-bellunese, Veronese e nel Polesine viene sempre pronunciata. Nelle altre viene pronunciata come "e" appena accennata se di trova tra due vocali non palatali (A,O,U,). Se vicino ad una vocale palatale (E,I) non si pronuncia mai. Nel caso si trovasse tra una vocale palatale e una non palatale, non va mai pronunciata. Nelle varianti settentrionali, nel caso si trovi in penultima posizione e sia seguita de E o O, si pronuncia come "L" ma l'ultima vocale non viene pronunciata.
  • n: caso unico nelle lingue romanze, se si esclude il ligure in cui avviene lo stesso fenomeno, forma i gruppi -NB- e -NP- e mai -MB- e -MP-.
  • s: come nello spagnolo, è sempre sorda.
  • x: si pronuncia sempre come la "s" in rosa. Può essere sostituita con la "z" in alcune varianti e in alcune parole ma l'alternanza non è univoca in tutte le varietà: ad esempio il polesano di Rovigo, il feltrino-bellunese e l'alto trevigiano usano "z" per le interdentali.
  • zs (zh+s): in quasi tutte le varianti sono pronunciate come "s" sorde, in quelle settentrionali hanno un suono simile, ma meno marcato alla "z" spagnola, ma con un suono fra la z spagnola e la c di cera [ɕ], comunque ha un suono particolare. La distinzione tra i due sistemi di scrittura è solo politica. Zs è stata inventata in epoca recente per unificare la pronuncia interdentale ZH con la pronuncia siblante S, data la variabilità di pronuncita fra varianti venete, mentre Zh è stato scelto dalla Regione Veneto nella Grafia Veneta Unitaria, basandosi sullo studio di testi antichi i quali riportavano questo sistema di scrittura.
  • zx: si può pronunciare come la "x" veneta (vedi sopra) o come un suono intermedio tra la "x" veneta e la "z" di zaino. Nelle varianti settentrionale è sempre sostituibile con la "d" pronunciata alla spagnola. Nel manuale della GVU non esiste.

Lessico

Parole italiane di origine veneta

  • Ballottaggio da bałote, le "palline" usate nell'elezione del doge di Venezia, che nell'ultimo sorteggio venivano estratte da un bambino scelto in piazza San Marco (anche oggi in zone della bassa Padovana e Veronese,il bambino, soprattutto se paffuto viene chiamato "bałota")
  • Arsenale, a sua volta dall'arabo dar as-sina'ahcasa della fabbricazione, dell'industria
  • Baita[senza fonte]
  • Cantiere, italianizzazione di cantièr, la struttura di partenza per costruire una barca o una nave.
  • Cargo, grande nave da carico dal verbo veneto cargar, caricare.[senza fonte]
  • Ciao, dal veneto s-ciavo (schiavo), abbreviazione di s-ciavo vostroschiavo vostro, inteso come sono schiavo tuosono al tuo servizio; parola di comune origine anche per il ligure;
  • Darsenada Arsenale
  • Ditta: dal veneto dita, con cui nei contratti commerciali si indicavano le compagnie commerciali già nominate in precedenza (cfr. "la sopraddetta", "la suddetta" etc.)[senza fonte]
  • Gazzetta, dal prezzo necessario all'acquisto (una Gazeta, moneta della Repubblica di Venezia)
  • Ghetto: in veneziano antico "fonderia", dal verbo ghetar "raffinare il metallo con la ghetta", ovvero il diossido di piombo[28]); il ghetto di Venezia, che diede il nome ai quartieri ebraici di tutta Europa, fu costruito in luogo di una fonderia dismessa.
  • Giocattolo, italianizzazione di zugàtolo: la vecchia parola italiana era "balocco"
  • Gondola
  • Lido
  • Imbroglio, italianizzazione di brojo, deformazione di Broło cioè orto. Dietro al Palazzo Ducale c'era un orto dove andavano i senatori veneziani per mettersi d´accordo prima delle votazioni: lori i "(in)Brojava" = "loro imbrogliavano"
  • Laguna
  • Lazzaretto l'isola del Lazzareto vecchio,famosa per il monastero di Santa Maria di Nazareth chiamata anche Nazarethum,dove i lebbrosi e gli ammalati di pestevenivano condotti
  • Pantalone passato alla nota maschera ma inizialmente era un ruolo di rango simile a l'alfiere ovvero il (porta o pianta leone)
  • Regata

I giorni della settimana

  • Luni/Lune
  • Marti/Marte
  • Mercore/mercole/mercołe/mèrcoli/mercol/mercui
  • Zobia/ziòba/xiòba/siòba/xòbia/xòba/doba/diòba/giòvedi/duoiba
  • Vénare/vènare/vènere/venari/vènerdi/venardi/vèndre/vèndar/vendre
  • Sàbo
  • Domenega/dominica/duminica

I mesi dell'anno

  • Zenaro/genaro/jenaro/xenaro/jenar/genaio
  • Febraro/fevraro/febrar/febraio
  • Marxo/marso/marz
  • Apriłe/avriłe/april/bril
  • Majo/mayo/magio
  • Zugno/xugno/sugno
  • Lujo/łujo
  • agosto/gosto
  • Setenbre/setenbare
  • Otobre/otobare
  • Novenbre/novenbare/noembre
  • dicembre/dixenbre/dixenbare/desenbre

I numeri

  • Uno/un
  • Do/doi
  • Tri/tre
  • Quatro/qatro
  • Xinque/zinque/sinque
  • Sie/sje
  • Sete
  • Oto
  • Nove/noe
  • Diexe/dieze/diese
  • Ondese/undese/undase/undase
  • Dodese/dodase
  • Tredese/tredase
  • Quatordese/quatordase
  • Quindexe/quindase
  • Sedese
  • Disdasete/dissète/disisète
  • Disdoto
  • Disdanoe/disnòve
  • Venti/vinti/vinte
  • Venti-uno/vinte e un
  • Venti-do/vinte e doi
  • Trenta
  • Quaranta
  • Xinquanta/sinquanta/zinquanta
  • Sesanta
  • Setanta
  • Otanta
  • Novanta
  • Xento/zento/sento
  • Xento-uno/zento-uno/sento-uno/; xento e un/zento e un/sento e un
  • Xento-venti-uno/sento-venti-uno/Sento-venti-uno/; xento e venti e uno/zento e venti e uno/sento e venti e uno
  • Doxento/duxento
  • Miłe
  • Domiła/domiłe
  • Diexemiła/diexemiłe
  • X/Z/Sentomiła/sentomiłe
  • 'N miłione/ 'n mijione/ un miłion
  • 'N miłiardo/ 'n mijiardo

Differenze lessicali

Come diretto discendente del latino regionale parlato, il lessico della lingua veneta deriva il proprio vocabolario principalmente dal latino e (in tempi più recenti) dal volgare padanoitalico, quindi per la maggior parte dei termini esiste un analogo in italiano. La lingua veneta include tuttavia molti termini derivati da altre fonti (come il greco, lo sloveno, il tedesco, l'arabo) che non hanno corrispettivi in italiano, come:
Venetoetimo in venetoItalianoetimo in italiano
àmia / àmeda(LA) amĭta (=sorella del padre)zia
àmoło/àmolsusina goccia d'oro
anco' / ancoi / ancuo / onco’/ 'ncuoi(LA) hunc + hodieoggi(LA) hodie
arfiàr / arfiare(LA) reflareansimare, respirare
armełìn / armilo(LA) armenīnusalbicocca(AR) al-barqūq
articioco / ciocco(OSP) alcarchofa, (AR) al-qaršūfcarciofo(OSP) alcarchofa, (AR) al-qaršūf
bàgoło(LA) baculum=bastoncinoconfusione, divertimento, chiasso
bałéngo(FRO) bellinctraballante, incerto (cosa); balordo, eccentrico (pers.)
baxòto(DE) besottendi media consistenza
becàr(IT) beccarebeccare; pungere; essere piccante;
becaro / -chèrda becco, il maschio della capramacellaio, beccaio
bioto / s-cietoblautsschietto, puro, mero, solo..., senza aggiunte in generale
bisèrgoła / bisaòrboła / luxèrtoła / łixarda / rixarda / marisàndoła / brizsàndoła / lixerta / sbaretoła/moroxeta / ligaora(XNO) lusard, (FRO) lesard, (LA) lacertalucertola(LA) lacerta
bixato/bixata(LA) bēstia, simile a biscia in (IT)anguilla(LA) anguīlla (si confronti anguis «serpente»)
łumega / bogón / s·cióxo bòvoło/ s-ciosbovolo dal diminutivo del (LAbovem (acc. di bos, bue), letteralmente animaletto con le corna; s·cióxo ha la stessa origine dell'(ITchiocciolalumaca
bónbo, sbombo, brónbofradicio
broar / broareustionare, scottare, bollire
brołoorticello, piccolo frutteto
brónsa / bronzabrace, carboni ardenti
bróxafreddo
bròxa / bruma / broxemabrina
bruscàndołogermoglio di luppolo
bruscàr / zerpirpotare
bruschinbruschetto, spazzola
buto / bàmbolgermoglio
całìgo / caliden(LA) caligĭne(m)nebbia(LA) nebŭla
cànevacantina
cantón(LA) cantusangolo
capeta / capetoncapsula esplosiva
carèga/ cariéga(LA) cathēdrasedia
catàr / catare/ ciatàtrovare
ciàcołechiacchiere
ciapàr / ciapàre/ ciapà/ tole(LA) captareprendere
cìcara / -chera/ cicrada un termine atzeco, tramite lo spagnolo jícaratazzina, chicchera
có (che)(LA) cum; oppure (SL) koquando
copàr / copare(IT) accoppareuccidere(LA) occīdĕre (<ob+caedĕre) «uccidere/tagliare»
còtoła, còtola(LA) cottagonna, sottana
cuciarocucchiaio
endeguro / łigaor / luxertramarro
gòto, bicèr, bicère(LA) guttusbicchiere
insìa(LA) in+exitauscita
jarìn / giaringhiaia fine, ghiaìno
larìn / fogołaro / foghèr(LA) lares, "focolare"; (ETT) lar, "padre"focolare, caminetto
mustaci(EL) μουστάκι (mustàki)baffi
muso/musso/musasino
naranzsadall'arabo narangi, attraverso lo spagnoloarancia
nogara / noghera / nosarail noce
nome (che) / dome (che) / nomasolo, solamente, soltanto
obén...obéno...o; o...oppure
par om / onciascuno, ognuno
pantegàna(SL) podgana, o (LA) ponticanus (mus), topo del pontoratto
pirón / pieròn/ piriòn(EL) πιρούνι (pirùni)forchetta
pocio / tociosugo, salsa, residuo impuro di un liquido
sata / zatazampa
savata / zavataciabatta
sbregardal gotico brikan, correlato al moderno inglese break e moderno tedesco brechenstrappare
s·ciantixo / s-ciantissscintilla; lampo, fulmine
sgrexénda / s·céxa / sgendascheggia
sghiràt(GRC) , (EL) σκίουρος (skìuros)scoiattolo
sgnape / sgnapa / graspa(DE) Schnapsliquore, grappa
sgorlàr, scorlàr, scorlare(LA) ex+crollarescuotere
sièra / ziera(LA) caraaspetto, cera (aver una brutta cera)(LA) aspectus, cara
signàpoła / barbastréjo / nòtołapipistrello
sopa/ slota/ topa / slotozolla
scóa / spasaòra / spazaòra / granadèloscopa
spiansar/ spianzarirrigare i campi
skei[dalla legenda su monete austriache] (DEscheide münzesoldi(LA) sŏlĭdus
strucarderiva dal gotico, correlato al tedesco moderno drückenpremere, spremere
supiàr / subiàr / sficiàr / fis-ciar(LA) sufflare (<sub+flare)fischiare / soffiare
tacóntoppa, rattoppo
tamixosetaccio
tardigàr / tardigaretardare, fare tardi, essere/fare ritardo
técia(LA) teculapentola
tégabaccello
toco / tòcpezzo, parte
tortór / periòto / inpìriaimbuto
toxo / tosàt / butel / buteloragazzo
trincàr / trincàre(DE) trinkentracannare
uxma / ustafiuto
vaneza / vanedaaiuola
vegroterreno incolto
vèrzar / vèrzare / vèrderaprire
vés·cia/ vìs·cioła / vis-ciascudiscio, verga
véxa / bot / caretelbotte
vanpaóra / ciavegachiusa per fossi
vixeła / végnavigna

Note

  1. ^ Dati Ethnologue.
  2. ^ Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite[1].
  3. ^ Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" se riconosciute tali nelle norme ISO 639-1639-2 o 639-3. Per gli altri idiomi viene usato il termine "dialetto".
  4. ^ Conferenza dei Veneti d'Europa; Berlino, 7 - 8 - 9 giugno 2002
  5. ^ Legge regionale n. 8 del 13 aprile 2007 - BUR del Veneto n. 37 del 17/04/2007. L'art. 2 ne dà la seguente definizione: "Le specifiche parlate storicamente utilizzate nel territorio veneto e nei luoghi in cui esse sono state mantenute da comunità che hanno conservato in modo rilevante la medesima matrice costituiscono il veneto o lingua veneta".
  6. ^ Legge regionale n. 5 del 17-02- 2010 - Regione Friuli - Venezia GiuliaURL consultato il 24 aprile 2015.
  7. ^ Interactive Atlas of the World’s Languages in Danger
  8. ^ La "Carta europea per le lingua regionali minoritarie è stata approvata il 25 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 1º marzo 1998. L'Italia ha firmato tale Carta il 27 giugno2000 ma non l'ha ancora ratificata. In ogni caso, la carta non specifica quali lingue europee corrispondono al concetto di lingue regionali o minoritarie quali definite al suo articolo 1. In realtà, lo studio preliminare sulla situazione linguistica in Europa effettuato dalla Conferenza permanente dei poteri locali e regionali d'Europa ha condotto gli autori della carta a rinunciare ad allegarvi un elenco delle lingue regionali o minoritarie parlate in Europa. Malgrado la competenza dei suoi autori, un tale elenco sarebbe stato di certo ampiamente contestato per ragioni linguistiche, come pure per altre ragioni. Inoltre, rivestirebbe un interesse limitato poiché, almeno per quanto riguarda i provvedimenti specifici che figurano nella Parte III della carta, le Parti avranno un ampio potere discrezionale per stabilire le misure che si devono applicare ad ogni lingua. La carta presenta delle soluzioni appropriate per le varie situazioni delle diverse lingue regionali o minoritarie, ma non avanza giudizi sulla situazione specifica rispetto a dei casi concreti". Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie, Consiglio d'Europa, Rapporto Esplicativo STE n. 148; traduzione non ufficiale.
  9. ^ Alberto Zamboni, Le caratteristiche essenziali dei dialetti veneti in Manlio Cortelazzo (a cura di), Guida ai dialetti veneti, Padova, CLEUP, 1979, p. 12.
  10. ^ www.uai.it
  11. ^ approvata il 28 marzo 2007 dal Consiglio regionale del Veneto a larghissima maggioranza
  12. ^ Instituto de Investigação e Desenvolvimento em Política Linguística -
  13. ^ Giuseppe BoerioDizionario del dialetto veneziano, Venezia 1867, p. 8. Consultabile su Google Books
  14. ^ a b c Flavia Ursini, Dialetti Veneti in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011. URL consultato il 26 febbraio 2014.
  15. ^ Inchiesta Rai 1969 - Laura Collodi e Giacomo Devoto, Parte 4/6, a 5:34
  16. ^ Legge regionale n. 8 del 13 aprile 2007. Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale venetoURL consultato il 26 febbraio 2014.
  17. ^ Legge regionale 17 febbraio 2010, n. 5. Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia GiuliaURL consultato il 26 febbraio 2014.
  18. ^ Alberto Zamboni, Le caratteristiche essenziali dei dialetti veneti in Manlio Cortelazzo (a cura di), Guida ai dialetti veneti, Padova, CLEUP, 1979, pp. 18-19.
  19. ^ a b Lidia Flöss, I nomi locali dei comuni di Novaledo, Roncegno, Ronchi Valsugana, Provincia autonoma di Trento. URL consultato l'8 gennaio 2012.
  20. ^ Nicola ZingarelliDialetti d'Italia in Vocabolario della Lingua Italiana, 11ª edizione, Bologna, Zanichelli, gennaio 1984, p. 542.
  21. ^ a b Traduttore Da Lingua Veneta a cura del Consiglio Regionale del Veneto
  22. ^ ESPIRITO SANTO, LO STATO PIU' VENETO DEL BRASILE.
  23. ^ Estatísticas ítalo-brasileiras.
  24. ^ Annuario statistico 2008, ASTAT, Bolzano 2008, p. 107, in base ai registri anagrafici comunali.
  25. ^ Italiaestera.net - ITALIANI ALL'ESTERO: Un gruppo di origine veneta dalla Romania ricevuto a Palazzo Balbi
  26. ^ Euromosaic
  27. ^ Lingua Veneta - il riconoscimento ufficiale della Regione Veneto - speciale Raixe Venete
  28. ^ Giuseppe TassiniCuriosità Veneziane, note integrative e revisione a cura di Marina Crivellari Bizio, Franco Filippi, Andrea Perego, Vol. I, Venezia, Filippi Editore [1863], 2009, pp. 293-295.

Bibliografia

  • Storia di Venezia 1797-1997, Giuseppe de Stefano-G.Antonio Palladini, vol II, Supernova, Venezia, 1997;
  • Esiste la lingua Veneta?, Gianfranco Cavallarin, Est Ediçòs;
  • Parlarveneto, Gianna Marcato, Edizioni del Riccio;
  • "Gli Ultimi Veneti", Gianfranco Cavallarin, Panda Edizioni.
  • Walter Basso, Dino Durante, Nuovo dizionario: veneto-italiano etimologico-italiano-veneto : con modi di dire e proverbi, CISCRA, 2000
  • Vocabolario veneziano e padovano, co' termini e modi corrispondenti toscani, Gasparo Patriarchi, 1821, disponibile su Internet Archive.

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